Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge affronta un tema particolarmente controverso per le sue molteplici implicazioni di carattere etico e culturale.
      Nel rispetto della Convenzione per la repressione della tratta degli esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione, adottata a New York il 25 marzo 1950, resa esecutiva ai sensi della legge 23 novembre 1966, n. 1173, che considera «la prostituzione e il male che la accompagna, vale a dire la tratta degli esseri umani ai fini della prostituzione, incompatibili con la dignità e i valori della persona umana», il testo normativo che si propone ha come primario obiettivo quello di intervenire sulla legge 20 febbraio 1958, n. 75, recante «Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui», al fine di adeguarla al radicale mutamento che il fenomeno della prostituzione ha avuto negli ultimi anni.
      Nel nostro Paese, infatti, a causa dell'intensificarsi dei flussi migratori e del coinvolgimento della criminalità organizzata

 

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nell'attività di sfruttamento e di induzione alla prostituzione, si assiste non solo ad un progressivo incremento del numero delle persone che volontariamente sono dedite al meretricio, ma soprattutto alla prevalenza di forme di sfruttamento della prostituzione altrui da parte di vere e proprie organizzazioni criminali.
      Tra le principali esigenze a cui far fronte rientra, pertanto, quella di contrastare efficacemente l'esercizio della prostituzione su strada, posto che è soprattutto in luogo pubblico che si perpetrano le più gravi fattispecie criminose finalizzate allo sfruttamento sessuale. Si stima, infatti, in circa 25.000 il numero delle prostitute straniere «esportate» in Italia nel corso di questi ultimi anni e costrette a prostituirsi nelle strade in quanto vittime della violenza e della minaccia degli sfruttatori.
      L'introduzione nel nostro ordinamento del divieto di esercitare la prostituzione in luogo pubblico o aperto al pubblico, con conseguente regime sanzionatorio da applicare anche ai «clienti» che si avvalgono delle prestazioni sessuali dei soggetti che esercitano la prostituzione, può considerarsi una scelta necessaria anche in relazione alla non secondaria preoccupazione del legislatore di impedire che i comportamenti in cui si sostanzia l'esercizio della prostituzione, nonché quelli propedeutici alla pratica sostanziale della prostituzione stessa, si esteriorizzino sotto forma di incontro tra domanda ed offerta.
      Passando ad una disamina tecnica del provvedimento, si evidenzia che, con l'articolo 1 della proposta di legge, sono stati aggiunti all'articolo 1 della legge 20 febbraio 1958, n. 75 (cosiddetta «legge Merlin»), ulteriori commi con i quali si sancisce il divieto di esercizio della prostituzione in luoghi pubblici o aperti al pubblico. La violazione di tale divieto comporta la condanna al pagamento di una somma di denaro a titolo di sanzione amministrativa, mentre, in caso di reiterazione, tale comportamento assume natura di illecito penale punito con l'arresto da cinque a quindici giorni e con l'ammenda da duecento a mille euro.
      In considerazione, tuttavia, del forte collegamento esistente tra la prostituzione su strada e il fenomeno della tratta delle persone finalizzate allo sfruttamento della prostituzione, è stata prevista - allo scopo di impedire la criminalizzazione di persone che, in realtà, sono già vittime di gravi violenze - una specifica causa di non punibilità, che esclude l'applicazione della sanzione nei confronti di chi, mediante allegazione di specifici e riscontrabili elementi, dimostri di essere stato costretto a prostituirsi contro la sua volontà.
       Per rendere, inoltre, effettivo il divieto di esercizio della prostituzione in luogo pubblico o aperto al pubblico, si è deciso di punire con la sanzione amministrativa pecuniaria e, in caso di reiterazione, con l'ammenda, anche il comportamento di chi si avvale o compie atti idonei diretti ad avvalersi delle prestazioni sessuali offerte dai soggetti che esercitano la prostituzione nei luoghi in cui questa è vietata.
      La «legge Merlin», inoltre, è stata modificata con riferimento ad ipotesi criminose (quale quella del favoreggiamento della prostituzione) che, già nell'applicazione giurisprudenziale, si sono rivelate estremamente rigide, ma che, soprattutto a seguito della prevista introduzione del divieto di esercizio della prostituzione in luogo pubblico o aperto al pubblico, sono apparse eccessivamente rigorose nell'individuazione del potenziale ambito di applicazione.
      Si tratta, in particolare, della disposizione che prevede la non punibilità, per il reato di cui all'articolo 3, primo comma, numero 8), della legge n. 75 del 1958, delle attività di reciproca assistenza, senza fini di lucro, tra soggetti che esercitano la prostituzione, e ciò allo scopo di agevolare forme di solidarietà che possano aiutare chi si prostituisce a non cadere vittima di situazioni di sfruttamento.
      Inoltre - anche in questo caso, allo scopo di attenuare eccessive rigidità interpretative che hanno ritenuto integrato il reato di favoreggiamento della prostituzione, indipendentemente dalla sussistenza di un intento speculativo - si è prevista come penalmente irrilevante la locazione
 

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per civile abitazione di un appartamento nel quale si eserciti la prostituzione a condizione, tuttavia, che non se ne ricavi un indebito profitto, rimanendo, altrimenti, integrato il reato di sfruttamento della prostituzione. In tali casi, è stato previsto che i regolamenti condominiali possano, a maggioranza qualificata, prevedere che gli immobili non siano destinabili all'esercizio della prostituzione. Il danno derivante in termini di perdita di valore degli immobili potrebbe, dunque, in molti casi essere evitato nelle forme di legge.
      L'articolo 2 della proposta di legge introduce l'ipotesi criminosa dell'associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione per la quale si prevede un aumento fino a due terzi delle pene attualmente previste per l'ipotesi delittuosa associativa comune.
      L'articolo 3 della proposta di legge, allo scopo di incentivare forme di collaborazione con la polizia giudiziaria e l'autorità giudiziaria, estende le misure di protezione previste dal capo II del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, anche alle persone che collaborano significativamente nelle indagini concernenti la prostituzione minorile o le organizzazioni criminali di stampo associativo dedite alla commissione di reati volti al reclutamento, all'agevolazione, al favoreggiamento e allo sfruttamento della prostituzione. In tale prospettiva, sono stati rafforzati gli strumenti di finanziamento per l'attuazione dell'articolo 18 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, con un apposito stanziamento aggiuntivo.
      Al comma 3 dell'articolo 3, infine, è previsto che le questure segnalino ai servizi sociali territorialmente competenti i cittadini stranieri indotti ad esercitare la prostituzione allo scopo di favorirne, in condizioni di maggiore sicurezza, il ritorno al Paese d'origine.
 

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